All’inizio del ventesimo secolo, due fratelli del meridione, Biagio e Giuseppe Orrico, arrivarono in Bolivia cercando opportunità di lavoro. Li accompagnò Fortunata, moglie di Biagio, e Rossina, la loro figlia. A la Paz, poi, sarebbero nati altri tre bambini.
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Questa storia è stata raccontata da mia madre, Giussepina Papaleo Miraglia, ricordando come la famiglia di mio padre, Francesco Orrico Pesce, arrivò in Bolivia. L’editore di questa narrazione è mio nipote, Marcos Grisi, figlio di Mario Grisi Orrico. Lo sfondo geografico che vedrai di seguito era necessario per spiegare a tutti i discendenti boliviani l’origine dei loro antenati.
Spero che vi possa piacere la lettura.
Patricia Orrico Papaleo (brooks87@hotmail.es)
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TRECCHINA
Inizierò questo racconto descrivendo dove si trova il nostro paese di origine, Trecchina.
Trecchina si trova a 195 km a sud di Napoli o 402 km a sud di Roma.
Si trova nella Regione Basilicata, dipinta di verde sulla cartina. La Basilicata ha una stretta striscia di costa che si affaccia sul mar Tirreno.
Per arrivare a Trecchina, prima bisogna passare da Maratea, una città sulla costa. Il paese si trova a 10 minuti di macchina, risalendo la collina.
Vista aerea del luogo. Nella parte inferiore dell’immagine, si vede la strada che porta a Maratea. Trecchina è un posto meraviglioso, le sue estati fanno innamorare i turisti e i suoi abitanti sono calorosi e ospitali.
I FRATELLI ORRICO
I primi emigranti della nostra familia furono Biagio e Giuseppe Orrico. Biagio nacque nel 1865 e Giuseppe nel 1875. Tutti e due avevano la professione di orafo, cioè modellavano oggetti artistici d’oro e d’argento. Le loro specialità erano le decorazioni per le chiese, come i calici che si usano per il vino dell’eucarestia.
I Fratelli Orrico: a sinistra Biagio figlio; al centro Biagio padre; a destra Giuseppe (Ca. 1875).
Nel 1901, entrambi viaggiarono alla città di La Rochelle, sulla costa atlantica in Francia, per vendere alcuni dei loro lavori di oreficeria. Rimasero in questa città per un breve periodo.
Nel viaggio non erano soli. Li accompagnò Fortunata Pesce, moglie di Biagio, e Rossina, la figlia di entrambi. Rossina era nata a Trecchina il 19 maggio del 1900, così che era ancora una bambina piccola. Fortunata era tredici anni minore di Biagio ed aveva la stessa data di compleanno, il 5 dicembre.
Dopo aver lavorato in Francia, per qualche ragione che non conosco, decisero di viaggiare in Sudamerica. In quegli anni c’era una forte emigrazione italiana verso il nuovo continente; si ascoltavano molte storie di persone che avevano fatto fortuna. E fu così che, seguendo il movimento dell’epoca, anche la familia Orrico decise di partire.
A volte chiesi a mio padre come fu che gli Orrico arrivassero a La Paz, perchè avrebbero potuto benissimo scegliere un’altra città o paese della regione. Mi rispose che la situazione in Argentina e in Perù non era buona e che decisero di rimanere in Bolivia.
Si stabilirono a La Paz. Gli andò bene con la novità e qualità del loro lavoro, ragion per cui rimasero lì per molti anni. Per adattarsi meglio all’ambiente, i fratelli dovettero spagnolizzare i loro nomi, cambiando Giuseppe in José, Biagio in Blas, e, inoltre, la figlia di quest’ultimo, Rossina, venne chiamata Rosa.
In questa lista di negozi boliviani del 1914, fatta dal governo statunitense, si può vedere che Blas Orrico era conosciuto per vendere articoli religiosi.
Rossina entrò al collegio cattolico Sagrados Corazones, che si trovava sull’attuale Corso Mariscal Santa Cruz, nella città di La Paz. Con il tempo si aggiunsero altri tre figli alla famiglia: Francesco nato l’8 settembre 1909; Michele il 25 novembre 1910; e Amedeo, il minore, il 4 febbraio 1912. Tutti a La Paz.
Francesco, o Franco affettuosamente, era mio padre.
LA FAMIGLIA ORRICO PESCE. Da sinistra a destra: Fortunata, Amedeo (seduto sopra), Michele (seduto sotto), Biagio, Francesco e Rossina (foto del 1913 o 1914, fatta a La Paz).
Prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, Biagio, Fortunata e tre dei loro quattro figli (Rossina, Franceso e Michele) ritornarono a Trecchina.
Amedeo, che aveva solo due anni, rimase a La Paz sotto la custodia di suo zio Giuseppe.
Biagio e Fortunata non ritornarono mai più in Bolivia. Il denaro che riuscirono a risparmiare negli anni di permanenza in Bolivia lo invertirono nell’acquisto di terreni a Trecchina. Comprarono grandi estensioni. Mia madre ricorda che la famiglia Orrico era molto agiata, non soffrì mai necessità.
Giuseppe, dal canto suo, contrasse matrimonio a Sucre con una giovane di nome Maria Dolores Gantier, affettuosamente chiamata zia Lola. Lei era la figlia di una famiglia molto distinta della città
MATRIMONIO DI RAFFAELE GRISI E ROSSINA ORRICO
Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, nell’anno 1920, Rossina si sposò a Trecchina con Raffaele Grisi, un giovane di 22 anni di una nota famiglia del paese. Raffaele fu soldato in guerra, affrontando gli austriaci. Dopo la fine della guerra, studiò Filosofia e Lettere all’università di Napoli.
A questo matrimonio furono presenti Biagio e Fortunata, i genitori di Rossina, e soltanto la madre di Raffaele, Maria Niela. Il padre dello sposo, Angelo Grisi, era andato in Brasile già da molti anni e non si sapeva più nulla di lui.
Il primo figlio di Raffaele e Rossina nacque il 30 settembre 1922. Lo chiamarono Angelo, come suo nonno paterno. Due anni dopo, il 24 giugno 1924, nacque il secondo figlio che chiamarono Biagio, come suo nonno materno.
In quell’epoca l’Italia stava passando una difficile situazione economica. Raffaele ebbe un posto di cattedratico all’università di Napoli, però il suo stipendio non era sufficiente per le spese di mantenimento della famiglia. Quindi decisero di emigrare in Sudamerica. La prima scelta che avevano era la Bolivia, dove Rossina aveva vissuto in gioventù e i suoi genitori avevano fatto fortuna. Inoltre, il fratello di suo padre, Giuseppe, viveva ancora lì e li avrebbe potuti aiutare a stabilirsi.
VIAGGIO IN BOLIVIA
Giuseppe, o —come gli diceva mio padre—, “lo zio José”, viveva a Sucre con sua moglie, Lola Valda. Non so se lui amministrava o era padrone di un hotel, però so che lo stabilimento funzionava nel Palazzo della Glorieta. Non ho informazioni riguardo a se ebbero figli o no.
Rintracciando le date, sappiamo che Amedeo rimase in Bolivia 12 anni, ciò significa che verso il 1923/1924 fece ritorno in Italia. La cosa più probabile è che lo zio Giuseppe lo abbia portato fin là.
D’altro canto, sappiamo che, quando Raffaele e Rossina emigrarono in Bolivia, il figlio minore, Biagio, era un bambino di tre mesi. Ciò significa che dovettero realizzare il viaggio verso il mese di ottobre 1924.
Facendo due più due, è molto probabile che, quando lo zio José portò Amedeo di nuovo in Italia, approfittò del viaggio per portare sua nipote Rossina —e la famiglia di quest’ultima—, in Bolivia.
A quel viaggio si unì mio padre, che all’epoca aveva sedici anni. Non gli chiesi mai perchè decise anche lui di trasferirsi in Bolivia. Il gruppo che viaggiò, quindi, era composto da sei persone: lo zio José, Raffaele Grisi, Rossina Orrico in Grisi, Angelo Grisi Orrico (di due anni), Biagio Grisi Orrico (di tre mesi) e Francesco Orrico.
1924-1925, ANNI DI CAMBIAMENTI
Dal punto di vista di Biagio e Fortunata Orrico, cioè i miei nonni, nell’arco di tempo di sei mesi cambiò completamente la loro vita. Nella seconda parte del 1924 arrivò Giuseppe in Italia portando Amedeo, che era un ragazzo di dodici anni che parlava meglio lo spagnolo dell’italiano, che era stato lasciato quando aveva appena due anni.
Dopo pochi mesi, si imbarcarono con destinazione Bolivia la figlia minore, Rossina, insieme a tutta la sua famiglia. E inoltre si aggiunse a quel viaggio Franco, il loro secondogenito. Così che a Trecchina rimasero solo i loro due figli minori: Amedeo e Michele.
E fu di lì a poco che successe un tragico evento. Il 14 gennaio 1925 morì Michele, il terzo figlio, all’età di 15 anni. Da quello che si sa, era nella sua scuola nella città di Salerno quando ebbe un attacco di gastroenterite e non lo poterono salvare.
Amedeo visse una serie di emozioni forti in pochissimo tempo. Alcuni mesi prima era stato dall’altra parte del mondo vivendo con suo zio, praticamente senza conoscere nessuno della sua famiglia. Poco dopo essere arrivato, due dei suoi fratelli maggiori se ne andarono e l’unico fratello minore rimasto, morì improvvisamente.
Fu così che Biagio, Fortunata e Amedeo rimasero soli a Trecchina.
AMEDEO ORRICO
Ricordo mio zio Amedeo: era una persona magnifica, molto gentile con gli altri e, inoltre, bello. Si sposò con Nina Schettini, il 26 dicembre 1938, ed ebbe tre figli: Fortunata (Tina), Gilda e Biagio.
Amedeo e Nina, il giorno del loro matrimonio.
L’HOTEL NEL PALAZZO DELLA GLORIETA
Il gruppo di sei persone che partì da Trecchina arrivò alla città di Sucre senza passare da La Paz. Sbarcarono ad Arica, presero il treno ad Oruro ed arrivarono alla loro destinazione finale passando da Potosì.
I primi mesi devono essere stati difficili per tutti. L’unico che poteva offrire lavoro immediato era lo zio José, all’hotel che lui amministrava. Quando gli mancavano lavoratori, Rossina e Raffaele aiutavano a fare i letti e a pulire. Francesco, oltre a lavorare all’hotel, si incaricava di accudire i due bambini.
Nel nuovo paese, tutti dovettero spagnolizzare i loro nomi: Raffele in Rafael, Francesco in Francisco, Rossina in Rosa, Angelo in Angel e Biagio in Blas. Così è come mi riferirò a loro d’ora in avanti.
Poco a poco si furono stabilendo. Mio padre entrò al collegio Sacro Cuore di Gesù a Sucre. Alcune volte mi raccontò che, ai suoi tempi come studente, si sedeva alla reception dell’hotel, che si trovava nella hall principale del Palazzo della Glorieta, per fare i compiti.
Mio padre, come ho menzionato, lavorava molto nell’hotel, facendo ogni tipo di lavoro e incarico. Nello stabilimento c’era una sala giochi, dove arrivava gente dall’Argentina. Gli ospiti rimanevano lunghi periodi nell’hotel. Giocavano a poker fino a notte inoltrata e continuavano; dormivano lì diversi giorni di seguito, senza uscire.
Uno dei compiti con cui lo zio José incaricò mio padre, per esempio, fu di raccogliere i soldi a casa dei giocatori affinchè loro potessero continuare a giocare senza interruzioni. Dovette addirittura raggiungere popolazioni che si trovavano nella vicina frontiera argentina per adempiere il suo incarico. Inoltre si incaricava di servire da bere agli ospiti. Grazie a questa esperienza, lui sapeva preparare deliziosi cocktails che, anni dopo, avremmo degustato in famiglia.
GLI ANNI A SUCRE
Lo zio José era una persona molto carismatica, aveva buone relazioni con le persone della città. Grazie ai suoi contatti, aiutò Rafael ad ottenere un posto di profossore all’università San Francisco Xavier. Comunque, c’erano aspetti della sua personalità che rendevano difficile la loro relazione. L’ambiente del gioco d’azzardo –che a Rafael non piaceva molto- diede origine a scontri fra loro.
So che ci fu un’accesa discussione tra loro su un tema, che portò a una rottura della relazione. Dopo tale litigio, Rafael e Rosa decisero di allontanarsi dallo zio José ed aprirono la loro propria attività commerciale, un negozio di stoffe importate.
In quell’epoca mio padre continuava a svolgere incarichi per lo zio José e inoltre, dopo, aiutava suo cognato e sua sorella nel negozio di stoffe. Quando si diplomò, nel 1928, volle entrare all’università, per studiare Amministrazione d’Impresa. Siccome non aveva molto tempo, Rafael riuscì, tramite i suoi contatti, a fare in modo che i suoi colleghi cattedratici gli dessero lezioni private delle materie.
Il 14 agosto 1929 nacque Mario, il terzo figlio di Rafael e Rosa. Verso l’anno 1931 tutta la famiglia si trasferì a La Paz cercando nuove opportunità di affari, dal momento che Sucre era una città piccola e il centro economico del paese si trovava a La Paz. Mio padre lasciò gli studi e accompagnò sua sorella e suo cognato verso il nuovo destino.
Riguardo allo zio Josè, non si seppe più nulla di lui.
TRASFERIMENTO A LA PAZ
Una volta stabiliti nella nuova città, Rafael apri un negozio di cachemire sulla Via Comercio, in centro città. Nel negozio vendevano cappelli Borsalino, sciarpe e guanti, tutti articoli molto fini importati dall’Europa.
In quell’epoca, i Grisi Orrico vissero prima in un piccolo appartamento nella Via Pichincha, che si caratterizza per una gradinata che sale dalla via Avenida Montes. Dopo si trasferirono in una casa modesta però grande vicino a piazza San Pietro. Nel 1932 nacque Aldo, il quarto figlio. Morì di difterite due anni dopo, a giugno del 1934.
Rafael non tornò ad essere cattedratico all’università, ma si dedicò completamente al commercio. Anche se l’attività del negozio di cachemire dava buoni risultati, nel 1937 si presentò a Rafael un’opportunità di affari unica che non volle rifiutare.
Alceste Venturini, che aveva stabilito un’attività di lavorazione del marmo di fronte al Cimitero Generale, mise in vendita la sua fabbrica, la Marmifera e Fonderia Boliviana. Rafael era una persona intelligente e si mise nell’attività. Mio padre lo accompagnò per aiutarlo ad organizzarla, visto che aveva conoscenza nell’Amministrazione d’Impresa.
Franco Orrico e Rafael Grisi, nei loro anni di attività a La Paz (foto del 1944).
ANNI MOVIMENTATI
Gli anni quaranta furono di grande prosperità. La fabbrica di marmi risultò essere un ottimo acquisto, avevano molte richieste in tutta la città e fecero buoni affari.
In quell’epoca mio padre conobbe la sua prima moglie, con cui si sposò a gennaio del 1941. Da questa unione nacquero due figli, Amparo e Mario. Non molto tempo dopo il matrimonio si sciolse. Quando Amparo aveva 9 anni e Mario 5, furono mandati in un collegio per problemi che c’erano tra i loro genitori.
Quell’epoca fu un po’ complicata per mio padre perchè, a parte i conflitti nella sua vita personale, l’attività del marmo gli esigeva molto tempo. I marmi importati dall’Italia, dovevano essere ricevuti ad Arica e portati fino a La Paz, così che tra lui e Rafael venivano alternati i compiti.
RAFAEL
Riguardo alla famiglia di Rafael, i figli crebbero. Angel si sposò con Lina Elsner nel 1950 e Blas con Teresa Salmon nel 1951. Nello stesso periodo, Blas iniziò a lavorare alla fabbrica di marmo aiutando suo padre.
FOTO FAMILIARE ORRICO-GRISI. In piedi dietro, da sinistra a destra: Franco Orrico, Blas Grisi, Angel Grisi, Mario Grisi. In piedi in mezzo: Amparo e Marito Orrico (figli di Franco). Seduti: Teresa Salmon in Grisi, Rosa Orrico in Grisi, Rafael Grisi, Lina Elsner in Grisi. In Braccio a Lina c’è Bernardo Grisi (figlio di Angel) (foto del 1951).
Rafael decise di tornare in Italia nel 1953. Aveva diversi motivi. Da una parte, sembrerebbe che mai si sentì a suo agio come straniero in Bolivia. Gli mancava molto il suo paese. Sua madre era ancora viva e voleva vederla. D’altro canto, soffriva di una cattiva digestione per l’altezza di La Paz, che gli causava frequenti mal di stomaco.
Fece fortuna in Bolivia, i suoi due figli maggiori stavano formando le loro rispettive famiglie e a uno di loro, cioè Blas, sarebbe rimasto il carico di portare avanti l’attività insieme a suo cognato Franco. L’unico che lo preoccupava era Mario, il figlio minore, che aveva 24 anni e non si era ancora sistemato.
Per Rosa fu difficile accettare la decisione di andare via dalla Bolivia. Lei voleva restare, veder crescere i suoi nipoti, godersi la casa che avevano. Alla fine ebbe la meglio la volontà di Rafael e tornarono a Trecchina ad ottobre del 1953.
1951: L’ANNO CHE MIO PADRE CONOBBE MIA MADRE
Un paio di anni prima, nel 1951, mio padre viaggiò a Trecchina per andare a trovare mia nonna Fortunata, che all’epoca aveva 73 anni. Approfittava di quei viaggi per vedere suo fratello minore, Amedeo, e la sua famiglia.
Fu in quell’occasione che conobbe mia madre, Giuseppina Papaleo Miraglia, che con affetto chiamavano Giusy. All’epoca aveva 23 anni, studiava a Roma e veniva per le vacanze estive a Trecchina per trovare le sue sorelle. Mio padre aveva divorziato dalla sua prima moglie da otto anni ormai.
Si innamorò perdutamente di lei. Molte volte le cantava serenate sotto il balcone di casa sua. Cantava quella canzone che diceva “Chissà, chissà, chissà”. Aveva una bella voce.
Mio papà le propose matrimonio molte volte, ma lei non accettò. Mia mamma mi raccontò che non lo amava perdutamente, però gli stava simpatico, gli voleva bene, era una persona buona. Diceva che lui era sempre stato un gentiluomo, non uno del mucchio.
Da parte sua mia nonna si opponeva alla possibilità di un fidanzamento. Lui aveva quarantadue anni, c’erano quasi venti anni di differenza tra loro. Non le piaceva neanche l’idea che andasse a vivere in un altro paese. Inoltre, c’era il problema che mio padre era divorziato ed aveva due figli. In quell’epoca non si approvava ancora il divorzio in Italia, così che la situazione era ancora più complicata.
Un giorno mia nonna si innervosì e disse a mia madre:
Io non voglio che ti sposi con Franco. Tu sai perche? Lui può essere una buona persona, però dove andrai tu se io la Bolivia non la trovo neanche nella carta geografica? Io deventeró pazza per trovarla!
Mio padre mi raccontò che diceva ai suoi amici: “O la mora (cioè mia mamma) o l’aereo! E così, dovette prendere l’aereo perchè la mora rimase. Non potè convincerla
RITORNO DI RAFFAELE E ROSSINA IN ITALIA
Mia madre rimase fidanzata per un anno con un ragazzo che viveva al nord d’italia, però alla fine, ad agosto del 1953, decise di rompere il fidanzamento.
Per caso, due mesi dopo, ad ottobre dello stesso anno, arrivarono a Trecchina Rafael e Rosa, dopo quasi trent’anni di assenza. Mia madre non li conosceva personalmente, però aveva sentito parlare di loro, tanto da commenti di mio padre come per l’amicizia che c’era nel paese tra gli Orrico e i Miraglia.
In un paese così piccolo come Trecchina sarebbe stato impossibile che Giusy e i Grisi Orrico non si incontrassero in qualche momento. E così fu.
Rafael e Rosa avevano sentito parlare di Giusy perchè mio padre gli aveva parlato di lei. Quando si conobbero, Rafael le chiese come stava e lei rispose che aveva rotto il suo fidanzamento. Quando lui venne a sapere che lei era libera, scrisse una lettera a Franco per dirgli che aveva conosciuto la ragazza, che era una bella ragazza e che non si era sposata.
Pochi mesi dopo, all’inizio del 1954, mia madre ricevette la prima lettera da mio padre. Fu così che ripresero la loro relazione e iniziarono un idillio per corrispondenza. Per evitare la suscettibilità di mia nonna, le lettere si inviavano e ricevevano tramite Rafael.
MATRIMONIO
I miei genitori mantennero alcuni anni una relazione per corrispondenza. Alla fine concordarono di sposarsi il 2 marzo 1957, ma secondo le leggi boliviane, visto che in Bolivia si accettava il divorzio e invece in Italia non era permesso. In quella data, lei aveva ventinove anni e lui quarantotto.
Per sposarsi secondo le leggi boliviane, dovettero farlo per procura, visto che mio padre non poteva viaggiare in Italia per motivi di lavoro. Si sbrigarono molte pratiche e si verificò l’atto per mezzo dell’ambasciata boliviana a Roma. Rafael rappresentò mio padre nell’atto ufficiale.
Mia madre partì dal porto di Napoli il 20 maggio con rotta a Arica. Arrivò a destinazione il 16 giugno, dove mio padre andò a riceverla accompagnato dai suoi due figli maggiori, Mario e Amparo, che avevano già diciotto e diciannove anni rispettivamente. Accompagnarono nel viaggio anche Mario Grisi, il figlio minore di Rafael, e sua moglie, Anita Reyes Ortiz in Grisi.
Questo è ciò che racconta mia madre del suo arrivo al porto di Arica:
Ero vestita molto elegantemente, con un vestito su misura che fu molto adatto negli altri porti. Ma una cosa era sbarcare direttamente sul molo, con tutte le comodità, e un’altra era scendere per una scaletta laterale della nave a una barchetta traballante che si muoveva nel mare. E la mia gonna aderente! Era un po’ scomodo.
Quella notte rimanemmo in un hotel disastroso, con dei cuscini di sabbia. Non c’erano ristoranti dove andare a mangiare. Aspettammo quattro giorni fino a prendere il primo aereo per La Paz.
E PER I SEGUENTI ANNI…
Successero molte cose da quando i miei genitori si sposarono. Per riassumere, lo racconterò meglio con le foto:
Sono nata il 30 marzo 1959.
Mia sorella Amparo di 18 anni, ed io.
Il giorno del mio primo compleanno, tra le braccia di mia madre.
A casa nostra si celabravano riunioni con i Grisi. Da sinistra a destra: Rodrigo, Anita, Clara, Patty, Angelines, Bernardo, Lina e Nini [1961 ca.].
Io e mio padre. Ero la sua pupilla! (foto del 1967).
Crebbi molto felice
Studiai all’Università Cattolica Boliviana San Pablo, dove ottenni il titolo di Comunicazione Sociale nel 1986.
ROSA RITORNA A LA PAZ
Rafael morì nel 1975. Un anno dopo, nel 1976, arrivò Rosa per stare in compagnia dei suoi figli. Lei venne prima a vivere con noi a casa nostra. Tutti le volevamo molto bene. Poi si trasferì in un appartamento indipendente. Morì l’8 maggio 1981.
L’INCIDENTE FATALE
Due anni dopo la morte di Rosa, mio padre ebbe un grave incidente di traffico. Il 12 marzo 1982 stava attraversando il Prado all’altezza del Cinema 16 Julio, quando una macchina, che saliva dalla via Batallon Colorados, girò improvvisamente verso destra, investendolo per strada. Rimase molto malconcio e dovemmo portarlo immediatamente in ospedale.
Anche se gli fecero due operazioni, la sua situazione si aggravò sempre più. Anita, la moglie di Mario Grisi, gli donò sangue.
Rimanemmo accanto a lui per tutto il tempo. Non lo lasciammo solo neanche per un minuto. Anche lui ci chiedeva di non allontanarci. Così passarono 18 giorni. Morì il 29 marzo 1982. Aveva settantatrè anni. Lo seppellimmo il giorno dopo, che era giusto il giorno del mio compleanno.
I miei genitori condivisero ventisei anni di matrimonio.
LA VIDA CONTINUA
Mi sposai il 18 ottobre 1986 con Juan Carlos Arroyo.
Con mia mamma il giorno del mio matrimonio. Mio papà non era già più con noi.
Il 30 luglio 1988 nacque il mio primo figlio, Gianfranco e, cinque anni dopo, il 10 agosto 1993, nacque la mia seconda figlia, Jean Marié Fiorella. Qui si trovano a Praia a Mare, a quindici minuti di macchina da Trecchina (foto del 2002).
Con Mio fratello Mario (foto del 1986).
La mia bella famiglia (Natale del 2018).
Sopra, da sinistra a destra: Jean Marie, Gianfranco e mia mamma. Sotto: Juan Carlos, io e Monica (figlia di Amparo Orrico) (Natale del 2019).
IL SIGNOR OROLOGIO CONTINUERA’ A RACCONTARE LA STORIA
Tra tante cose che ricordo di mio padre, c’è qualcosa di molto speciale: l’orologio sulla parete della sala, con la sua campana dal suono grave che segnava ogni ora.
Jean Marié compose una poesia dedicata a suo nonno, ispirata a questo orologio e ai ricordi che abbiamo in famiglia. La musica è di Christian Benitez.
La voce all’inizio e alla fine del video è di mio padre. Jean Marié ha recuperato un lavoro dimenticato che io avevo dell’università, quando avevo chiesto a mio padre di registrare la sua voce per un lavoro pratico alla facoltà.
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Nota dell’editore: Questa storia si basa in interviste e posteriori revisioni con Giusy e Patty Orrico realizzate a marzo 2019 e maggio 2020, con dati apportati da alcuni familiari. La redazione ed edizione sono di Marcos Grisi Reyes Ortiz
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Che belle persone e quante avventure!
Sono di origine lucana e vivo nel Nord Italia.
Chissà se c’è posto anche per me in Bolivia.
hermosa historia!! soy inmigrante aqui en italia desde el 2018 . me case con un maravilloso señor italiano. pero mis anhelos de volver a mi amada venezuela son latentes.
gracias por su HISTORIA.
Molto interessante. Sono lucana ( Basilicata) di Roccanova. ConoscoTrecchina ci sono stata il 15 Agosto 2019, eravamo in vacanza a Maratea.